mercoledì 29 luglio 2020

L’assenza dei valori

Wild Nahani


Illustrazione di Elzbieta Mielzarek


“Voi siete stanchi di questi anni di civilizzazione. Io vengo, e cosa vi offro? Una singola foglia verde (Grey Owl).

Forse mai nel corso dei secoli la società ha assunto aspetti tanto contraddittori come quelli che attualmente la distinguono. Ciò è causato, a nostro avviso, dalla persistente influenza di concezioni filosofiche che, sovrapponendosi, si contraddicono, si escludono, si contrastano e ci pervengono sia da tempi lontani, come il razionalismo cartesiano, sia da movimenti più a noi vicini, come il positivismo ancora non del tutto spento, o come la intuizione antintellettualistica bergsoniana, o l’idealismo crociano, o l’angoscia esistenziale, o il materialismo storico e il materialismo dialettico. La società attuale è dunque governata dall’instabilità, nonché dall’assenza di valori assoluti e permanenti e da una fluidità di situazioni perennemente cangianti. Non v’é, in sostanza, una certezza filosofica, una ecologia sociale in grado di rassicurare l’uomo e di definirne il destino, e tale precarietà si riflette sul problema ambientale e, mentre vediamo che alcuni lo rigettano totalmente, non mancano d’altra parte i segni di una nuova attenzione rivolta alla natura, attenzione che non è tuttavia scevra dai dubbi e dalle incertezze proprie della società in cui la natura deve riconnettersi. Ecco perché la scienza ufficiale e i movimenti ecologisti sono da oltre un trentennio alla ricerca di una chiave interpretativa della crisi ambientale, e se le conferenze sui problemi ecologici o la nascita di forti movimenti di massa per la conservazione rappresentano un’alta testimonianza di tale ricerca, dobbiamo pur constatare che le solenni attenzioni di principio da essi proclamati sono tuttora oggetto di contestazione o addirittura rigettate. L’inquietudine è attestata dal dibattito di molteplici problemi non risolti (si pensi, per esempio, alle emissioni di anidride carbonica o alla deforestazione dell’Amazzonia) e si manifesta in modo evidente nella nascita di pensieri più radicali e penetranti che cercano di proporre la più alta filosofia della conservazione (l’ecologia profonda, il concetto di wilderness, il bioregionalismo, ecc.). La spinta ecologica appare dunque condizionata dalle forze totalizzanti e prevaricanti delle società attuali che, volontariamente, non vogliono appropriarsi di nuovi modelli e di nuovi valori assoluti ispirati alla natura e ad una dimensione ugualitaria ed armonica. Il capitalismo, con la sua aberrante logica del profitto, non vuole in alcun modo mutare la propria rotta di navigazione anche se essa lo porterà, nell’immediato futuro, ad una crisi socio-ambientale catastrofica. La società attuale deve perciò calarsi nella realtà naturale, con ciò superando l’apparente antinomia vita umana - natura, perché se l’uomo si auto ridimensiona diventa egli stesso natura, come d’altronde ci attesta il lontano passato di uomini selvaggi, pur non rifiutando tutti i valori positivi di una società che ha in sé ancora qualcosa di buono. Tuttavia un’efficace ecologia sociale deve sempre muoversi al di fuori dell’antropocentrismo per abbracciare il biocentrismo; solo in tal modo le strutture sociali porranno le fondamenta per un sistema universale ed equilibrato. A noi sembra, per concludere, che attraverso la riconnessione dell’uomo con la natura si può costruire una società “umanizzata”, una società che mediante l’azione può ricondurre l’uomo ad una serena visione monistica della vita. Scrive A. Herzen: “Noi non edifichiamo; noi distruggiamo; noi non facciamo nuove rivelazioni; noi rinneghiamo la vecchia menzogna. L’uomo di oggi, triste pontifex maximus, può soltanto erigere il ponte; un altro, che sorgerà in avvenire, l’attraverserà.....” . Concludiamo con una riflessione di Della Casa (1996): “Lo stesso termine ‘civiltà’ è inutile e pericoloso, perché sottindente un giudizio di merito basato su una scala di valori particolare, considerata ovvia.

‘Civile’ significa oggi infatti ‘conforme ai principi dell’Occidente’ e niente di più. Non c’è nessun motivo per considerare la civiltà occidentale migliore della civiltà degli Yanomani, dei Papua, degli Eschimesi, dei Dogon, o delle mille altre culture comparse sulla Terra”.

“Vivificate dalla natura col suo abito di nozze, in mezzo a corsi d’acqua e a canti degli uccelli, la Terra offre all’uomo, nell’armonia dei tre regni, uno spettacolo pieno di vita, d’interesse e di fascino, l’unico spettacolo del quale occhi e cuore non si stancano mai. (Jean Jacques Rousseau).