domenica 29 dicembre 2024

La rentroduzione del Grifone (Gyps fulvus) nell'Appennino Centrale - Cenni di biologia, etologia e conservazione

 


Wild Nahani

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Naturalista

Corpo Forestale dello Stato

Riserva Naturale Orientata “Monte Velino”







Il Grifone

Il ritorno nell’Appennino 

centrale abruzzese


Il successo di una reintroduzione

 



“Quel che conta non è solo l’idea ma la capacità di crederci fino in fondo”


Ezra Pound




                                                                   Prefazione



Questo volumetto ha lo scopo di contribuire alla conoscenza del Grifone affinché si diffonda nei territori nuovamente abitati dalla specie una corretta e approfondita cultura di questo superbo avvoltoio. Infatti la trattazione oltre ad una breve presentazione generale della specie, fa riferimento alla reintroduzione operata a partire dal 1993 nell’Appennino centrale abruzzese per opera del Corpo Forestale dello Stato grazie al diretto interessamento del Dr. Stefano Allavena e del Dr. Giovanni Potena. La località del rilascio è stata inizialmente il massiccio del Monte Velino nell’ambito dell’omonima riserva naturale dello stato, mentre a partire dal 2000 alla zona del Velino è stata affiancata quella del Monte Genzana (nel Comune di Scanno, loc. Frattura). Il primo evidente successo della reintroduzione si è materializzato nel 1997 con le prime coppie libere che hanno incominciato a nidificare sul Velino e dal 2000 anche in altre località per progredire poi, negli anni a seguire, con ulteriori successi sia di nidificazione con un numero crescente di coppie che di consolidamento dei territori insediati.

Dopo secoli di assenza finalmente questo avvoltoio è tornato a solcare stabilmente l’Appennino sin troppo bersagliato nelle epoche precedenti da una pesante aggressione del territorio. Ora grazie a questo ardito progetto la presenza del Grifone nelle contrade appenniniche può ritenersi cosa assodata pur permanendo tutte le problematiche generali inerenti all’operato dell’uomo sull’ambiente. 



                                                            L'Autore





PARTE PRIMA




PRESENTAZIONE GENERALE DEL GRIFONE


1 - Classificazione, distribuzione, status


2.1. Classificazione


Il Grifone, Gyps fulvus (Hablizil, 1783), viene così classificata:


  • Classe = Uccelli
  • Ordine = Falconiformi
  • Famiglia = Accipitridi
  • Genere = Gyps
  • Specie = fulvus


Nel vecchio mondo è rappresentato da sette specie, ognuna con areale distinto salvo parziali sovrapposizioni: 


  • G. coprotheres  
  • G. rueppelli 
  • G. fulvus 
  • G. himalayensis 
  • G. indicus 
  • G. bengalensis 
  • G. africanus


Il libro approfondisce il Gyps fulvus.



Status e trend della specie in Europa


Il declino delle popolazioni soprattutto in Europa è stato particolarmente sensibile (Genero et al., 1996) tanto da farlo scomparire completamente in alcune località che nel recente passato lo vedevano abbondantemente presente. I dati sullo status e sul trend delle popolazioni di Grifone appresso riportati hanno solo valore indicativo in quanto le variazioni della loro consistenza sono quanto mai frequenti (dati parzialmente tratti con modifiche da: Genero et al., 1996 - Arroyo, 1994)

  • Italia Numero di coppie: 40/60 (anche oltre dopo le reintroduzioni) - Trend: in ripresa grazie alle operazioni di reintroduzione e di restoking, altrimenti in decremento
  • Francia Numero di coppie: 335 - Trend: forte incremento
  • Spagna Numero di coppie: 8100 - Trend: forte incremento (si stima una popolazione complessiva di quasi 25.000 esemplari)
  • Portogallo Numero di coppie: 200 - Trend: decremento
  • Croazia Numero di coppie: 120/150 - Trend: non conosciuto
  • Bosnia Erzegovina Numero di coppie: 20 - Trend: decremento
  • Serbia Numero di coppie: 13 - Trend: stabile
  • Macedonia Numero di coppie: 35 - Trend: stabile
  • Bulgaria Numero di coppie: 14 - Trend: forte incremento
  • Albania Numero di coppie: 50/200 - Trend: forte decremento
  • Austria Numero di coppie: 1/4 - Trend: fluttuante
  • Grecia Numero di coppie: 400/500 (Arroyo) 80/130 (Genero et al.) (circa la metà a Creta) - Trend: decremento
  • Cipro Numero di coppie: 10/20 - Trend: decremento
  • Turchia Numero di coppie: 100/1000 - Trend: decremento
  • Ucraina Numero di coppie: 1/4 - Trend: forte decremento
  • Russia europea Numero di coppie: 250/350 - Trend: stabile

Europa totale Sotto le 10.000 coppie - categoria SPEC 3 - Status raro



2 - Il Grifone e la sua vita



Il Grifone (Gyps fulvus) è una specie spiccatamente sociale e colonizza per lo più gli ambienti montani recanti pareti rocciose poco accessibili per nidificare ed ambienti aperti per esercitare la ricerca del cibo dove sono presenti mammiferi di media e grande taglia indispensabili per le fasi alimentari. “Frequenta agevolmente anche le falesie costiere. Fondamentalmente distribuito in climi caldi alle basse e medie latitudini, evita aree piovose, umide o soggette ad eccessivo innevamento, sebbene possa a volte tollerare tali situazioni per trarre favorevoli condizioni per la nidificazione o l’alimentazione” (Genero et al., 1996). Limitatamente al periodo estivo può accadere che i Grifoni frequentino aree d’alta montagna di zone fredde ad elevata altitudine. Ciò accade soprattutto nel periodo estivante nelle zone alpine dove sono abbondanti mandrie di ungulati domestici o selvatici (Genero et al., 1996). E’ consueto per la specie evitare estese superfici forestali coperte, zone umide, vaste aree d’acqua (Genero et al., 1996), mentre utilizza fontanili, pozze d’acqua o ruscelli per la pulizia del piumaggio e per bere (Genero et al., 1996). Alcune specie del genere Gyps (bengalensis e africanus) poiché vivono in ambiente privo di pareti rocciose sono costretti a nidificare su grandi alberi. La specie europea e nord africana hanno tuttavia dei rarissimi precedenti di nidificazione su albero usufruendo delle grosse strutture dell’avvoltoio monaco (ex Jugoslavia e Spagna). In ogni caso si rientra in eventi del tutto eccezionali. La presenza dei Grifoni è in ogni modo strettamente collegata, come detto, con l’esistenza di mammiferi di media e grossa taglia, potenziale prede della specie. Occorre tuttavia ricordare che le disponibilità trofiche sono di solito - almeno nella zona europea - legate alla presenza di animali domestici mantenuti per lo più allo stato brado. Gli avvoltoi del vecchio mondo appartenenti al genere Gyps sono in tutto rappresentati da sette specie, ognuna con areale distinto salvo parziali sovrapposizioni (G. coprotheres - G. rueppelli - G. fulvus - G. himalayensis - G. indicus - G. bengalensis - G. africanus).

E’ molto importante garantire la tranquillità dei territori occupati dagli avvoltoi, poiché se il disturbo antropico diretto ed indiretto superano una soglia critica, il Grifone si vede costretto ad abbandonare la zona. In aggiunta, se l’impoverimento della presenza di carogne si acuisce particolarmente, la nidificazione può essere sospesa o messa in serio pericolo, quest’ultimo caso anche per forti disturbi alla zona dei nidi. Infatti, rispetto agli altri avvoltoi, predilige territori con scarsa presenza antropica (Cramp & Simmons, 1980).

Negli anni passati, un gran numero di territori ha visto ridurre anche totalmente il numero delle coppie stabilmente insediate, sia per un forte impoverimento delle prede, sia per le persecuzioni dirette di cui è stata oggetto la specie al pari degli altri rapaci (sparo, bocconi avvelenati, trappole, ecc.) e sia per sopraggiunti cambiamenti climatici. Ora, grazie ad una tutela pressoché generale (diretta ed indiretta) accordata dalla maggior parte degli Stati, i Grifoni stanno recuperando il terreno perduto (per esempio nell’Iberia si conta una popolazione ottimale, in salute e prossima alla saturazione) anche se certe località, il ritorno del Grifone può essere garantito solo con oculate operazioni reintroduttive (Massiccio francese, Alpi orientali, Appennino centrale, Sicilia) o di restoking (v. p.e. Sardegna). In Europa le popolazioni spagnole (Massiccio Iberico centrale, Pirenei occidentali, Monti Cantabrici orientali e Monti di Toledo - Genero et al., 1996), come detto, sono tra le più salubri con migliaia di coppie ed un numero complessivo di individui superiori alle 25.000 unità (censimento nazionale organizzato dall’ICONA spagnola).

Occorre evidenziare che nel Grifone, al pari degli altri grandi rapaci, la lentezza dell’accrescimento della popolazione, le forti perdite dei giovani ed immaturi e la lunghezza del raggiungimento della maturità sessuale è controbilanciata in natura dalla longevità degli adulti, non considerando ovviamente gli interventi distruttivi dell’uomo.

Nella fascia appenninica la colonia abruzzese possiede un amplissimo territorio di presenza con un due o tre roost abituali (prevalentemente pareti rocciose, ma occasionalmente anche alberi) e sporadici ricoveri alternativi. Malgrado vengano sostenuti con carnai artificiali, questi avvoltoi istintivamente si spostano spesso per lunghi tragitti alla ricerca di eventuali carcasse e per prendere dimestichezza con il territorio. Gli indici altitudinali delle zone frequentate dalle colonia seguite spaziano da un minimo di 500 ad un massimo di 3000 metri circa. 

Nei territori iberici oltre a sussistere una sostanziale densità di coppie, soprattutto in certi distretti, vi è in genere una netta contrazione dell’estensione degli areali di presenza. In pochi anni vi è stato un incremento di presenza superiore all’80% (Genero et al., 1996).

Nell’arco alpino l’invasione turistica è forte, ma la ricchezza trofica e la poca accessibilità di certi distretti garantisce, come abbiamo visto, un buono status degli individui estivanti (Alpi orientali) legati alla presenza di carcasse di animali domestici ed occasionalmente di quelli selvatici (cervi e camosci soprattutto - nessun legame con le fasi reintroduttive). Occorre inoltre ricordare che l’incremento della popolazione iberica ha determinato una sottrazione dei siti riproduttivi ad altri rapaci come aquila reale, aquila del Bonelli, gipeto e capovaccaio (Fernandez & Donazar, 1991).

Le fasce altitudinali di presenza variano a secondo del periodo stagionale. Infatti, durante la stagione invernale, soprattutto se c’è carico di neve in quota, le altitudini si abbassano anche sostanzialmente. Al di fuori del periodo riproduttivo i Grifoni pur mantenendo la loro presenza base nel cuore del loro areale - la zona dei roost - hanno più libertà di movimento e non è raro osservarli anche a notevole distanza da dove abitualmente si fanno vedere. Il possesso dei nidi da parte delle coppie nidificanti viene ribadito sin dall’autunno-inverno, dove sono frequenti i voli nuziali anche perché la stagione riproduttiva è abbastanza precoce, che, per l’Appennino, si può manifestare sin dal mese di febbraio, in altri luoghi anche in novembre-dicembre (la sottospecie G. fulvus fulvescens in Bekuchistan depone sin da novembre - Genero et al., 1996) tanto che con regolarità si riesce ad osservare mentre praticano accurate opere di riordino dei nidi mediante l’apporto con il becco di rami secchi o verdeggianti (se si tratta di nidi già utilizzati negli anni precedenti, altrimenti il materiale apportato è di minima consistenza). Vi è una netta preferenza verso i nidi protetti dalle intemperie, anche se si registrano diversi casi dove i nidi sono tutt’altro che protetti (oss. personale). I nidi del Grifone sono spesso gli uni accanto agli altri (tipico delle specie coloniali) con pochi metri di zona franca attivamente difesa dalle coppie. Tuttavia la voluminosità del nido viene acquisito, come detto, solo dopo molti anni di utilizzo del medesimo sito.  Anche in periodo successivo alla deposizione può accadere di osservare il trasporto di materiale legnoso anche verdeggiante.

Nelle località rocciose la morfologia del territorio di nidificazione è di solito articolata e spettacolare (spesso anche falesie marine), pur non mancando nidi localizzati in ambienti meno appariscenti su pareti rocciose di minime dimensioni (v. Spagna). In genere è il terzo superiore della parete la parte interessata alla collocazione del nido e questo per assicurare la massima inacessibilità al sito. In merito all’orientamento è difficile dare una rilevanza particolare anche se nelle zone appenniniche frutto delle reintroduzioni vi è una netta dominanza delle esposizioni meridionali. All’interno del loro territorio vitale i Grifoni non hanno solo i territori di “caccia” ed i siti di nidificazione, ma anche numerosi posatoi preferenziali per il riposo notturno e giornaliero spesso nelle vicinanze dei siti riproduttivi. Capita infatti che soprattutto durante le intemperie invernali gli avvoltoi rimangono sui posatoi per giorni interi. Ovviamente oltre a questi posatoi abituali vi sono in abbondanza anche quelli occasionali ed estemporanei. I posatoi, soprattutto quelli abituali, si riconoscono per la presenza nelle zone sottostanti di ampie e vistose deiezioni biancastre, osservabili a distanza anche ad occhio nudo. Questa caratteristica facilita molto il ritrovamento di questi siti da parte dell’osservatore.

Gli accoppiamenti tra i Grifoni avvengono quasi sempre nei pressi del sito riproduttivo e non presentano caratteristiche particolari tranne la “rumorosità” dell’evento e la durata a volte anche di qualche minuto. Grande spettacolarità assicurano invece le parate nuziali visibili durante quasi l’intero arco dell’anno ma più frequenti nel periodo compreso tra la fine dell’autunno e l’inizio della primavera. Esse si articolano in volteggi, acrobazie aeree, planate in coppia con un individuo che con le zampe “penzoloni” si libra pochi centimetri al di sopra del partner. Quasi sempre questi voli nuziali si sviluppano in prossimità delle zone di nidificazione.

Nel periodo antecedente alla deposizione il Grifone, soprattutto la femmina, apporta materiale nuovo al nido, ponendo particolare cura alla morbidezza della coppa interna (sterpi, rami secchi, fronde verdeggianti) senza preoccuparsi di mimetizzarsi eccessivamente nei rientri. Lo stesso dicasi durante l’allevamento del pullo. Questa differenza è molto evidente rispetto alla discrezione dell’aquila reale. Infatti quest’ultima quando incomincia la cova, si può notare come spesso nell’uscire, ma soprattutto nell’entrare, compie particolari evoluzioni al fine di rendere meno visibile il suo rapporto col nido (sovente rasenta le rocce per mimetizzare la propria figura). Si è osservato che più va avanti la nidificazione più la fase d’ingresso al nido si arricchisce relativamente di cautele, cautele che raggiungono il massimo quando il pullo è già nel nido. In ogni caso sia che per il Grifone che per l’aquila reale,  l'ingresso finale al nido è quasi sempre dal basso, in risalita.

L’apporto di materiale verde al nido, effettuato, come detto, anche nella fase dell’allevamento, ha certamente lo scopo di rinfrescare il nido e di ammorbidire la lettiera, ma ha altresì lo scopo di riaffermare il dominio territoriale sia nei confronti dei conspecifici, che nei confronti dei potenziali predatori (attività che dimostra palesemente che il sito è attivamente presidiato). Le rocce sottostanti il nido soprattutto dopo la stagione riproduttiva risultano fortemente imbrattate delle bianche deiezione fondamentalmente del pullo.

Il Grifone veleggia spesso a grandi altezze sfruttando le correnti termiche ascensionali o planando in linea retta da una versante all’altro di una valle. Estremamente raro e del tutto occasionale è invece il volo stazionario. Durante il volo planato a volte si aiuta con piccoli colpi d’ala, caratteristici della specie. In volteggio le ali sono leggermente sollevate a forma di “V” poco profonda, mentre in scivolata il braccio è tenuto dritto e perpendicolare al corpo. La mano invece è piegata, rispetto alla giunta carpale, alquanto in basso, la cui giunta, tra l’altro,  è spinta leggermente in avanti. Le penne primarie sono tenute chiuse con una angolatura all’indietro. Occorre ribadire che quando il Grifone si alza da terra o ha necessità di muovere le ali, i battiti sono in genere lenti e profondi (Porter et. al., 1985).

I membri della coppia non si distinguono praticamente dalla taglia (secondo Brown & Amadon, 1968 le femmine si presenterebbero leggermente più grandi dei maschi; tra maschio e femmina infatti non vi è un dimorfismo sessuale evidente e per questo motivo è estremamente difficoltoso distinguerli l’uno dall’altro). Una buona opportunità ci viene offerta dal periodo riproduttivo dove la femmina è in genere maggiormente presente sul nido per proteggere ed accudire l’unico pullo, almeno nella prima fase dell’allevamento. Si ricorda che l’alimentazione del pullo viene effettuata esclusivamente con il rigurgito del cibo stipato nel gozzo dell’adulto. L’indole del pulcino è inetta, mentre il primo piumino si presenta corto, grigio pallido sul corpo, bianco sul capo. Il secondo è invece più folto, lungo, di colorazione biancastra o tendente al crema.

La colorazione degli individui varia con l’età. Infatti nei grifoni giovani e subadulti il piumaggio è più scuro e quindi più contrastato, con le copritrici alari inferiori molto chiare e uniformi che contrastano palesemente con le remiganti nere (Genero, 1992); il collarino è costituito da penne marroncine lunghe e lanceolate (lunghe anche 12/15 cm), mentre il capo e il collo è ricoperto da piumino bianco un po’ avaneggiante e corto. Questa colorazione varia gradualmente nel tempo finché, verso il quarto-quinto anno, il Grifone presenta una colorazione meno contrastata, con capo e collo rivestiti di sottili penne setolose con un collarino alla base bianco e corto, finanche lanoso (Genero, 1992 - oss. personale). Occorre ricordare che sebbene la maturità sessuale venga acquisita, come detto, intorno ai 5 anni di vita può verificarsi una certa sfasatura tra il piumaggio definitivo adulto (anche 7 anni) e la maturità vera e propria. L’età adulta di 5 anni, cui ci siamo poc’anzi riferiti, rappresenta anche l’epoca della maturità sessuale;  nell’età giovanile o in quella di immaturo-subadulto il Grifone non può riprodursi e se lo fa la nidificazione non andrà in porto (nei grossi rapaci l’accoppiamento riproduttivo pre-maturità non sono così inconsueti - Chiavetta, 1981). La muta del piumaggio, post-riproduttiva per i nidificanti,  si protrae in genere da giugno a settembre. In genere gli esemplari che nidificano mutano più tardi rispetto ai non nidificanti (Glutz et al., 1971). 

Le timoniere si presentano nere, così come le remiganti che però presentano nelle secondarie un vessillo esterno sfumato di bruno bronzo. Le terziarie sono anch’esse nere, sfumate di bruno bronzo e con la punta grigio argentata. Il vessillo esterno e quello interno (riferendoci alle primarie) è smarginato (Brown et al., 1989). Le primarie sono 10 con una lunghezza indicativamente oscillanti dai 38 cm ai 47 cm ca. Le secondarie sono alquanto uniformi nella lunghezza ed oscillano tra i 38,5 e i 39 cm. Le timoniere, in numero di 14, vanno da 27,7 cm a 35,2 cm (Brown et al., 1989). La consistenza di queste grandi penne è coriacea e poco flessibile e risultano relativamente rumorose in volo.

Le fasi di caccia o meglio di ricerca del cibo occasionale sono molto appariscenti e vistose ed è in genere molto agevole osservarle. In primo luogo è bene evidenziare che l’operazione non è attuata dal singolo, ma dalla cooperazione dell’intera colonia. Occorre ricordare che quasi esclusivamente l’avvoltoio grifone si nutre di carogne di mammiferi di media e grande taglia (selvatici, e negli ultimi decenni sempre più domestici) anche se occasionalmente può alimentarsi anche di prede più piccole (uccelli, pesci, lepri, ecc. - un individuo e stato visto catturare coleotteri - Benen, 1979). In rarissime occasioni utilizza prede vive, ma in ogni caso estremamente debilitate e moribonde. Nell'ambiente mediterraneo il Grifone dipende, come detto, quasi eslusivamente dagli ungulati domestici (con prevalenza di ovini e bovini); in Sardegna e in altri luoghi (p.e. Appennino centrale o Alpi occidentali) dove si è proceduto alla loro reintroduzione si ricorre spesso ad integrazioni con carnai artificiali.

Lo spirito di gruppo svolge un ruolo preminente nella ricerca attiva dell'alimento. Mentre ciascun individuo perlustra il territorio per reperire qualche carcassa, osserva sempre gli spostamenti dei suoi compagni e di eventuali altri uccelli necrofagi (corvi imperiali, gazze, cornacchie, nibbi, ecc.). Quando un esemplare scorge una fonte di cibo, scende rapidamente su di essa con cerchi sempre più stretti chiudendo a tratti le ali; in tale maniera segnala ai compagni il potenziale alimento. Subito verrà raggiunto dagli altri membri della colonia. Nel corso del pasto vi è molta agitazione tra i commensali anche se non sembra istaurarsi una gerarchia vera e propria. Si fa più avanti chi è più affamato. Una certa dominanza si verifica invece nella scelta dei posatoi.

Poiché il Grifone dipende dalla casuale presenza delle carcasse offerte dall'ambiente (predatore passivo), tende ad alimentarsi abbondantemente ad ogni opportunità che gli si presenta. Non sono rari i casi di digiuno prolungato (soprattutto durante i giorni di tempo inclemente). Colonie formate da piccoli gruppi di grifoni presentano grosse problematiche per il riperimento dell’alimento (la facilità di avvistare le carcasse al suolo è infatti direttamente proporzionale alla consistenza numerica della colonia).

Dopo lunghe osservazioni esperite sul campo si è avuto modo di registrare che la caccia prevalente svolta dal Grifone è essenzialmente perlustrativa limitando quella da appostamento solo a rari casi, spesso legata all’approvvigionamento artificiale (carnai).

Occorre altresì ricordare la grande importanza che assume l'esperienza “venatoria” per il Grifone spinto in tal modo a conseguire un approfondita conoscenza del proprio territorio, il che è essenziale anche nei confronti dell'allevamento dei piccoli. 

Il regime alimentare è in stretto rapporto con le prede disponibili che sono a loro volta in correlazione con le caratteristiche trofiche della zona e con il variare delle stagioni. Nella colonie seguite si riscontra facilmente come i mammiferi di grossa e media taglia rappresentano l’alimento base (nella maggior parte delle contrade europee interessate alla presenza del Grifone, prevale nettamente l’alimentazione su carcasse di animali domestici). Altre prede del tipo uccelli e rettili sono del tutto trascurabili.

Durante l'allevamento del pullo i genitori provvedono a rigurgitare al pullo il cibo raccolto presso qualche carcassa e ciò avviene anche durante il primo periodo di involo del giovane avvoltoio (che di sovente per circa un mese staziona spesso nei pressi nel nido).

Come accennato in precedenza, sin dai mesi invernali gli avvoltoi danno luogo alle consuete parate nuziali fatte di voli simmetrici a volte con le zampe del maschio protese sopra la femmina, piroette, sorvolo dei soggetti, nonché numerosi accoppiamenti. Il tutto non di rado nei pressi delle pareti interessate ai nidi. A partire dal mese di gennaio/febbraio le parate si accentuano notevolmente ed anche l’apporto di materiale ai nidi si infittisce.

In genere tra la seconda decade di febbraio o i primi di marzo la femmina inizia a covare l’unico uovo che depone (i tempi possono protrarsi anche per oltre un mese in caso di covata di rimpiazzo). In genere la cova è assicurata con una relativa o meglio “apparente” dominanza dalla femmina (oss. personale da confermare), anche se il maschio, quando non sostituisce la femmina all’incubazione rimane nei pressi del nido, spesse volte in posizione accovacciata. L’uovo deposto è sempre uno con una forma subellittica tozza, abbastanza liscio o con una superficie distintamente granulare. E’ in genere bianco, a volte con una punteggiatura rada rosso marrone (Harrison, 1988). Misura: 92,4 x 69,7 mm (Harrison, 1988).

In genere nel mese di aprile si schiude l’uovo. Nei primi giorni la femmina/maschio rimane costantemente nel nido per proteggere il nidiaceo. Occorre ricordare che a volte l’uovo può non schiudersi affatto (non fecondato, danneggiato, raffreddato, ecc.).

Lo sviluppo del pullo è abbastanza regolare in quanto l’apporto di alimento al nido viene normalmente espletato con sufficiente regolarità.

Il pullo, dopo aver cambiato il piumino (il primo piumino viene sostituito da un secondo piumino più consistente, lanoso e voluminoso) e incominciato a mettere le penne, acquista poco alla volta la livrea consueta. A 40/50 giorni di età si può già osservare in posizione elevata.

A 80-90 giorni il “nidiaceo” ha già messo completamente il piumaggio di giovane ed esegue esercizi battendo le ali e può già allontanarsi dal nido camminando con titubanza a patto però che la conformazione morfologica della parete lo consenta.

Abitualmente l'involo dei giovani (dato riferito all’Appennino) avviene nel mese di agosto (110/120 giorni). Il primo volo è sempre molto breve coronato da un atterraggio goffo e scomposto ed è norma comune osservare il ritorno alla zona del nido da parte del giovane. Infatti, a differenza dell’aquila reale, il cui giovane una volta involatosi non rientra più al nido, quello del Grifone, non solo vi rientra, ma tenta a stazionare, come detto, a lungo anche nei pressi della zona interessata al nido medesimo. L’involo del grifone è infatti cosa laboriosa e prolungata.

Occorreranno alcune settimane prima che il giovane accompagni i genitori e quindi la colonia alle perlustrazioni del territorio per la ricerca del cibo. Tra l’altro, come accennato, nel primo periodo dell’involo, il giovane riceve ancora cibo rigurgitato da parte dei genitori. Entro qualche mese comunque anch’egli sarà padrone del volo e della ricerca del cibo.

Malgrado il grosso rapace sia formalmente protetto, le insidie umane dirette ed indirette sono tutt’altro che estinte e non è raro rinvenire esemplari di Grifone morti per mano dell’uomo sotto varie forme (uccisioni con il fucile, bocconi avvelenati, elettrocuzione, ecc;). In particolare l’avvelenamento delle carcasse rappresenta una delle forme più distruttive ed “efficaci” per l’annientamento di questo avvoltoio. Essendo infatti una specie coloniale anche nella fase alimentare, una grossa preda, tipo un equino, avvelenata può uccidere in una sola volta un consistente numero di grifoni (anche 20/30 esemplari!). Non è un caso che molti giovani muoiono per cause non naturali prima che abbiano raggiunto l’età adulta.


Alcune brevi approfondimenti


Le tecniche di volo


Il Grifone è un uccello da preda dotato di ottima destrezza e di straordinaria eleganza quando vola.

Le grandi dimensioni del rapace e il suo peso celano in qualche modo la sua notevole agilità. Infatti, quando il grifone cammina a terra o sul nido, appare goffo ed impacciato, ma appena prende il volo, ecco mostrarsi nella sua maestria. 

La struttura fisica dei Grifoni con il grande sviluppo delle ali consente di mantenere a lungo il volo planato (volo preferenziale); per gli spostamenti direzionali le timoniere della coda rispondono egregiamente al loro compito. Spesso piccole e tipiche flessioni delle ali durante il volo ne aumentano la direzionalità e sono tipiche della specie.

In generale si hanno quattro tipi di voli (Bergmann, 1994):

1. Volo battuto

2. Volo stazionaro (praticamente assente nel Grifone)

3. Volo veleggiato

4. Volo planato

Il volo battuto è molto raro nel Grifone che vi ricorre fugacemente solo in certe condizioni particolari (assenza di correnti d’aria, tempo freddo e piovoso, difficile ripresa del volo, ecc.).

Il volo stazionaro detto anche “spirito santo” (hovering), del tutto assente o raramente occasionale nel Grifone, si esplica nel rimanere immobili in aria, battendo rapidamente le ali o sfruttando il contro vento (hanging o surplace). Lo “spirito santo” usato come detto eccezionalmente dal Grifone è quello contro vento in surplace ed ha comunque brevissima durata.

Il tipo di volo più usuale nel Grifone e in genere da tutti i grandi rapaci, è quello che unisce le tecniche del volo planato e di quello veleggiato (terzo e quarto tipo). Esso consente un notevole risparmio energetico, in quanto può essere eseguito senza battito alare. Questa tecnica di volo utilizza le correnti calde ascendenti che si formano dai terreni in seguito all’irradiazione solare o come “corrente a sospensione in un pendio montuoso o sulle onde del mare” (Bergmann, 1994). I pendii sufficientemente esposti all’irraggiamento solare si prestano infatti egregiamente a formare queste correnti calde. L’aria calda, infatti, più leggera, si porta verso l’alto creando le condizioni ideali per il rapace. Il substrato roccioso di un territorio di montagna, tra l’altro, si scalda più velocemente rispetto ad un analogo ambiente ricoperto di boschi e pascoli (Baumgartner, 1988). Ecco dunque che la configurazione del terreno e la sua esposizione può facilitare o meno la formazione di dette correnti. Ad esperienza di ciò spesso il Grifone, quando può, predilige frequentare i versanti che si scaldano più velocemente.

Questo tipo di volo può essere analizzato, come abbiamo già visto, in due fasi: “volteggio” (soaring) e "planata o scivolata" (gliding). Per riuscire a veleggiare il grosso avvoltoio deve innanzitutto portarsi all'interno di una corrente calda ascensionale di sufficiente ampiezza, aprire al massimo le ali e la coda e compiere lente orbite circolari onde rimanere all'interno della corrente calda (improvvisi vuoti d'aria vengono colmati con brevi colpi d'ala). Quando il rapace ha raggiunto una altezza da essa ritenuta adeguata, esce dal flusso termico verticale della corrente e si sposta direzionalmente planando in linea tendenzialmente retta con possibili piccole variazioni, con una perdita graduale di quota o repentina (volo planato). Dopo aver percorso il tragitto desiderato per riconquistare nuovamente la quota deve rientrare in un'altra termica e così via. In planata un Grifone può percorrere distanze di decine di chilometri. La velocità di scivolata è inversamente proporzionale all’apertura delle ali: più queste sono raccolte, più la velocità aumenta.

Il rientro dell'avvoltoio al proprio nido avviene quasi sempre attraverso una fase mista di discesa-risalita.

Anche in presenza di forti venti riesce a governare il volo in maniera sicura anche se a volte deve attuare particolari posture dell'assetto delle ali e della coda. In talune circostanze può accadere che un Grifone si lasci trasportare quasi passivamente dalle spinte del vento. 

Quando scende a terra o approda nel nido il grifone protrae in genere in avanti le zampe molto prima dell'atterraggio.


Attività giornaliera


I Grifoni possono essere teoricamente attivi dall'alba al tramonto, anche se in pratica non cominciano a volare se l’aria non si è sufficientemente riscaldata. Gli esemplari delle coppie in riproduzione possono muoversi anche molto presto e con tempo avverso. Nell’arco della giornata il tempo trascorso in volo (perlustrazione generale del territorio o fase di caccia) non supera di norma un tempo maggiore rispetto alle altre attività diurne. D’inverno, quando le giornate sono particolarmente inclementi, il Grifone può non volare affatto, in quanto può sopportare anche lunghi digiuni. Quando le ore di luce sono ridotte, come nel periodo invernale, l’uccello, se le condizioni atmosferiche glielo permettono, è molto più attivo, perché il tempo utile per la caccia è conseguentemente minore. I Grifoni passano molte ore del giorno posati su speroni rocciosi, cenge, rami di grossi alberi e arbusti spesso collocati lungo i fianchi scoscesi delle valli (posatoi). In genere si posizionano al sole per fare veri e propri bagni di sole a volte coricandosi letteralmente. Le ore notturne vengono trascorse su posatoi (spesso, come detto, utilizzati anche di giorno) collocati in genere nei pressi dei siti di nidificazione o per le coppie non nidificanti nei consueti “roost” abitudinali. Gli individui di una coppia dormono a volte l'uno vicino a l'altro. Sotto i posatoi, soprattutto se abituali, si rinvengono dei chiari segni di presenza (escrementi biancastri, borre, ecc.).



Comportamento dimostrativo 


Il Grifone, al pari di altri animali, è in grado di esprimere uno specifico linguaggio mediante il variare del proprio comportamento; le circostanze che generano le variazioni di comportamento dell’avvoltoio sono di due tipi, l'uno connesso a particolari situazioni, l'altro collegato all'attività riproduttiva. In particolare si notano:

1. Atteggiamento terrifico

Individui interessati: nidiacei e adulti.

Scopo: assumere un aspetto più aggressivo e dare l'impressione di essere più grande di quello che in effetti si è.

Metodica: arruffare le penne, in particolare quelle del capo e tenere le ali scese aperte o semiaperte.

Nota: non è raro osservare un pullus di Grifone che, di fronte ad un pericolo, si accovaccia accuratamente nel nido. Quando invece il pullo è sufficientemente sviluppato anche se non è ancora in grado di volare dinanzi ad una minaccia ravvicinata (per esempio un alpinista nei pressi del nido) può involarsi prematuramente venendo così a morte sicura. Accade purtroppo che, malgrado la loro mole, i Grifoni se disturbati nel nido possono fuggire repentinamente con grave rischio della prole o delle uova e, per i pullus, “portati” via da improvvise e forti raffiche di vento soprattutto se collocati su falesie costiere.

2. Richiesta del cibo

Individui interessati: pullus, giovane e adulto (quest’ultimo caso non molto comune sull’Appennino).

Scopo: richiedere il cibo per fini alimentari (pullus e giovane) o per corteggiamento (adulto).

3. Parate nuziali

Individui interessati: subadulti e adulti.

Scopo: corteggiamento reciproco dei membri della coppia con volo sincrono, volteggi nei pressi delle pareti di nidificazione e con le zampe scese del maschio sopra la femmina nel pieno dell’armonico volo in quasi perfetta simbiosi.

4. Atteggiamento di minaccia in sede alimentare, sui posatoi e nei pressi dei siti riproduttivi

Individui interessati: adulti.

Scopo: durante le fasi di alimentazione su una carcassa può estaurarsi un certa competizione tra i soggetti che si accalcano a volte anche con voracità. L’atteggiamento di minaccia che si instaura corrisponde ad un allargamento delle ali ed ad un protendersi verso l’altro con le zampe in avanti e il collo palesemente preminente. Ciò però non è dovuto ad una situazione di dominanza di qualche individuo particolare ma esclusivamente dall’impulso aggressivo che manifestano i soggetti più affamati. Infatti venuta meno questa necessità prontamente prendono il sopravvento gli altri pretendenti.

A volte un certo “litigio” può accadere anche per un migliore posizionamento sul “roost” di permanenza o per proteggere il nido dai propri consimili, ma solo sino a qualche metro. 


Il ruolo ecologico 


Il ruolo ecologico assolto dal Grifone in un determinato ambiente è di fondamentale importanza per l’equilibrio della biocenosi.

I Grifoni, come del resto per gli altri avvoltoi occupano una posizone chiaramente definita all’interno delle catene alimentari. Infatti i Grifoni sono animali strettamente necrofagi, ciò si alimentano di animali morti sfruttando l’ultima tappa del ciclo dell’energia nel complesso della catena ecologica (piramide ecologica). Essi svolgono una funzione essenziale non solo perché dimostrano che negli ecosistemi tutto è correlato e nulla è sprecato, ma anche perchè svolgono un’azione sanitaria vera e propria nell’ambito degli ambienti naturali, impedendo, attraverso l’eliminazione delle carcasse animali, con il conseguente sviluppo di germi e di batteri pericolosi per il resto di animali più sensibili al riguardo (de la Fuente, 1984).



Suddivisione del territorio


Le colonie occupano nella maggior parte dei casi, come già evidenziato,  le zone di montagna ricche di pareti rocciose e di ampie superfici scoperte; le prime costituiscono l'ambiente di elezione per la costruzione del nido e per localizzarsi nelle fasi di riposo (roost), le seconde appaiono come lo scenario ideale per l'esercizio della caccia “perlustrativa”.

Il territorio globale della colonia viene definito home range che è quindi l’area complessiva occupata che comprende i siti di nidificazione, di riposo e quelli di caccia.

Lo sviluppo e la dimensione dell’home range non si rifà ad un modello "standard” ma varia a seconda delle zone geografiche in cui insiste.

In genere esso è costituito da una o più valli contigue con presenza di pareti rocciose precipiti e praterie di altitudine o di media e bassa quota. Le zone più elevate dell’home range vengono per lo più utilizzate per le battute di caccia del periodo estivo, mentre durante l’inverno la caccia si esercita nei territori più a valle dove l'innevamento è più breve e dove si condensa un maggior numero di carogne. La presenza di fitte foreste, come sappiamo, ostacola l’attività predatoria del rapace. 

La superficie complessiva dell’home range varia notevolmente a seconda delle condizioni faunistico-ambientali. Essa può oscillare tra un minimo di da poche decine di km2 ad un massimo di qualche migliaio. La notevole espansione dell’home range dei soggetti può significare che si è in presenza di zone molto boscose o povere di prede (ipotrofiche) o in ogni caso molto disperse.

Il calcolo fatto sugli esemplari reintrodotti sull’Appennino centrale, ha rilevato un’ampiezza media del tutto indicativa del proprio home range di almeno 130-160 Km2.

Nella valutazione delle superfici dell'home range va considerato che non tutto il territorio è utilizzabile dai Grifoni, in quanto in esso ricadono anche porzioni di territorio non sfruttabile, come le cime più elevate del tutto disertate dalla fauna “predabile”, i dirupi o, come detto, le zone fittamente boscate. L'estensione dell'home range è condizionata altresì dalla presenza dell'uomo, nel senso che quanto più la zona è antropizzata, tanto più tende a restringersi il territorio a disposizione a meno che non si tratti di territori ricchi di animali domestici allo stato brado dove alta è la possibilità di rinvenire le carcasse.

Nei territori selvaggi può accadere che le prede potenziali pur essendo numerose e variate possono essere distribuite su un’ampia superficie. Ne consegue che l’home range di questi avvoltoi stanziati in quei territori sarà molto ampio.

I territori di nidificazione costituiscono una parte molto importante dell’home range tanto che il fulcro di tali territori sono i siti di nidificazione (molto spesso anch’essi coloniali con distanze di solo pochi metri gli uni dagli altri).

I nidi vengono localizzati nella maggior parte dei casi su pareti precipiti di solito molto ampie (anche se ciò non è assolutamente una ferrea regola). Per costruire il proprio nido il Grifone sfrutta i buchi o le fratture naturali della roccia, o anche cenge e terrazzini che presentino però, quanto possibile, anche una certa protezione verso l’alto. Ciò non esclude il rinvenimento di nidi costruiti su sporgenze rocciose senza alcuna protezione verso l'alto; tale protezione è invece molto importante perché ripara il pullo dalle intemperie, nonché dalla forte insolazione diretta.

Come accennato nei territori di nidificazione i Grifoni non hanno soltanto i nidi, ma ha anche i posatoi, posti abitualmente su speroni rocciosi, su cenge, su rami di alberi (il più volte citato “roost”).

Per quanto attiene alla distanza che può intercorrere tra i siti attivi di nidificazione delle varie coppie di Grifone, come accennato, si nota che essa varia da pochi metri sino a qualche centinaia, facendo ovviamente riferimento ad una struttura rocciosa frequentata “strettamente” dalla colonia.

Altro fattore di vitale importanza nell’home range delle colonie di Grifone è il territorio di caccia suddiviso in abituale e invernale-occasionale.

In generale, almeno sull’Appennino, esso si presenta strutturato in genere in 4 differenti tipologie: praterie di quota, versanti acclivi disalberati o debolmente coperti con arbusti o bosco rado, versanti più dolci, territori di quota inferiore. Il territorio, come accennato, viene diviso in zone abitualmente usate per la caccia e zone marginali utilizzate occasionalmente o in particolari periodi dell’anno. Accade infatti che durante l’inverno, in seguito alla copertura nevosa delle quote più alte, i Grifoni spostino il loro territorio di caccia più in basso e nei versanti con migliore esposizione. 

La perfetta conoscenza del territorio, come detto, è essenziale per la sopravvivenza delle colonie di Grifoni (non considerando ovviamente delle facilitazioni che si presentano con l’istituzione di appositi carnai artificiali).


Caratteri identificativi del Grifone in volo

(da Porter et al., 1985, modificato)

Silhouette: la testa è poco sporgente. Le ali sono lunghe ed ampie, con primarie interne che danno una strozzatura con sporgenza delle secondarie determinando un bordo alare profondamente curvato. Coda molto corta tendezialmente squadrata anche se con l’abrasione tende a diventare arrotondata o alquanto cuneiforme.

Volo: nella fase di volteggio, che è il volo più praticato dalla specie senza battere quasi mai le ali, quest’ultime sono sollevate in una “V” poco profonda. In scivolata il braccio è tenuto dritto e perpendicolare al corpo, mentre la mano è piegata in basso alla giuntura carpale, la quale tra l’altro è anche spinta leggermente in avanti. Le primarie sono tenute chiuse e angvolate all’indietro; come detto le ali sono tednute immobili con battiti versi il basso solo occasionali. Quando si getta da una roccia o si alza dal terreno, i battiti alari sono lenti e profondi.

Identificazione: da sotto, il giovane mostra un netto contrasto tra il giallastro-camoscio del corpo e delle copritrici del sottoala e la coda e le remiganti nere; con l’età tale contrasto si fa meno evidente tanto che l’adulto si presenta nel suo insieme, per così dire, più sbiadito. I giovani presentano un collarino lanceolato color camoscio, mentre nell’adulto diviene folto e conmpletamente bianco. Da sopra, le copritrici e il groppone grigio-camoscio o bruno contrastano con le remiganti e la coda marrone.


Scheda generale descrittiva del Grifone


Dimensioni: cm 95x110; apertura alare 240-280 cm a volte anche più; l’ala piegata varia dai 660 mm ai 775 mm (Benasso & Perco, 1985). La coda misura da 280 a 325 mm (Genero et al., 1996); becco: 5,6 cm; tarso 10-12 cm.  

Peso: mediamente 5-6 kg. Peso massimo 7/11 g

Habitat: zone montuose aperte spesso anche a quote basse sulle coste marine.

Periodo riproduttivo: da febbraio ad agosto (Appennino centrale).

Voce: gli adulti in genere sono poco vociferi, eccettuato sui posatoi riproduttivi o quelle generici dove attuano brevi schermaglie con la voce verso i compagni; lo stesso dicasi sui siti di alimentazione; il pullo e il giovane invece non sono alquanto loquaci. Il verso praticamente è rappresentato da suoni chioccianti e da fischi poco nasali.

Nido: su pareti rocciose, estremamente raro su grossi alberi (citati in letteratura solo pochissimi casi su vecchi nidi di avvoltoio monaco). Materiale: rami, stecchi e steli di ogni tipo; durante la nidificazione può essere rivestito all’interno con frasche di latifoglie e di conifere, rifornite assiduamente durante la riproduzione. Gli stessi nidi possono essere usati per molti anni possono aumentare man mano di volume (i nidi di nuova costruzione sono poco appariscenti) senza però arrivare alla consistenza di un nido di aquila reale. Le rocce sottostanti il nido risultano dopo la stagione riproduttiva fortemente imbrattati delle loro bianche deiezioni.

Uova: unilateralmente 1. Forma e colorazione: subellittico tozzo. Abbastanza liscio o con una superficie distintamente granulare. Bianco, a volte con una punteggiatura rada rosso marrone (Harrison, 1988). Misura: 92,4 x 69,7 mm (Harrison, 1988).

Nidiate: 1

Cova: 53-55 gg

Involo: 110-120 gg

Maturità dei giovani: 5-6 anni.

Piumaggio definitivo: 5-6 anni

Anomalie del piumaggio: raramente

Alimentazione: carogne di mammiferi di medio-grosse dimensioni, a volte anche carcasse di uccelli di grosse dimensioni.

Spostamenti: sedentario nella maggior parte dei territori. Erratismo parziale dei giovani ed immaturi.

Legame di coppia: monogama.

Longevità: la specie è longeva. La consistenza della popolazione si mantiene stabile nel tempo grazie alla longevità degli adulti non considerando gli interventi umani negativi diretti ed indiretti.

Status: in ripresa in questi ultimi anni in taluni territori di presenza, dopo un notevole declino anche se l'eccessiva antropizzazione del territorio non consente la libera espansione del rapace. Numerosi progetti di reintroduzione o di restoking.


Come tutti i grandi rapaci, il Grifone ha un lungo ciclo riproduttivo che la impegna per molti mesi all’anno; infatti esso si protrae per oltre 5/6 mesi, senza considerare che il giovane involato dipende dai genitori ancora per almeno un mese dopo l’involo (per l’alimentazione).

Il Grifone è normalmente monogamo in quanto una coppia rimane unita per tutto l’arco della vita, così che il legame si interrompe solo con la morte di uno dei due partner. Allorché un Grifone rimane “scoppiato”, non trascorre molto tempo che un nuovo individuo della colonia, instauri un nuovo rapporto di coppia.

Il Grifone e alcuni grandi altri uccelli da preda hanno popolazioni riproduttive tra le più immutabili di tutti gli uccelli (Newton, 1991).

Quantità e successo riproduttivo sono governati sia dalle disponibilità trofiche che dai siti di nidificazione.

L’abbondante presenza di prede necessarie all’avvio e allo sviluppo della riproduzione, non deve registrarsi solo all’atto dell’allevamento iniziale ma anche successivamente. Un periodo di “magra” non potrebbe dare energie necessarie per la successiva riproduzione (nelle zone di reintroduzione sono spesso attivi i carnai artificiali quanto asserito viene quasi meno).

A partire da dicembre-gennaio i Grifoni si esibiscono con lena crescente in spettacolari parate nuziali che hanno l’importante funzione di rinsaldare il legame di coppia.

L’esibizione più tipica concerne nel cosiddetto volo sincrono che, come più volte accennato, si compone di in una serie di voli simmetrici molto compatti ed armonici con spesso l’abbassamento delle zampe di uno degli individui sopra la groppa dell’altro.

Il volo in sincronia, spesso nei pressi dei siti riproduttivi, non è la sola espressione delle parate, giacché coesiste spesso con altre evoluzioni aeree multiformi anche se non eccessivamente manifeste (osservazioni sull’Appennino centrale). A volte chi scrive ha notato che le coppie che si pulivano vicendevolmente (alloprening).

A queste parate spettacolari si aggiungono gli accoppiamenti che avvengono più volte, alcuni addirittura anche a cova iniziata probabilmente per elevare l’affiatamento della coppia. La copula è alquanto semplice, ma a volte rumorosa e di “non troppo breve durata”. Il maschio si posiziona sulla femmina la quale alza la coda per consentire il contatto con le cloache. Il maschio, per mantenersi in questo equilibrio instabile, di tanto in tanto allarga irregolarmente le ali. Dopo poco, si allontana di qualche metro e spesso si posa. E' da sottolineare che gli accoppiamenti avvengono quasi sempre nei pressi del nido (oss. nell’Appennino centrale).


Il nido e la nidificazione


Nel territorio di nidificazione, come abbiamo poco prima osservato, è ovviamente presente il nido. Nei primi anni del loro approntamento esso è poco appariscente, ma la zona di riproduzione è fortemente evidenziata non solo dalla posizione di cova dei soggetti, ma anche, soprattutto quando è presente il pullo, con “evidentissime” deiezioni biancastre al di sotto del sito e nelle sue immediate vicinanze.

I nidi vengono dunque riutilizzati anno dopo anno, anche se nel frattempo si verificano sostituzioni di uno o di entrambi gli individui della coppia. L’apporto di materiale trasportato con il becco, avviene molto tempo prima della nidificazione ed è opera di entrambi i sessi.

Il nido nelle parti esterne si presenta grezzo, con grossa ramaglia intrecciata, mentre la lettiera centrale, leggermente concava, è più morbida, più curata e frequentemente rinnovata (solo quando il nido ha già diversi anni). Se un nido è stato approntato da poco tempo difficilmente sarà molto voluminoso mentre i nidi riutilizzati anno dopo anno raggiungono dimensioni ragguardevoli e ben visibili.

Le diverse tipologie di ubicazione dei nidi nell'ambito di pareti rocciose possono essere, per grandi linee, suddivise in chiuse e aperte. Quelle chiuse sono rappresentate dalla cavità e dalla nicchia, mentre quelle aperte dal terrazzino e dalla cengia. Mentre le prime garantiscono piena protezione al nido, le seconde spesso ne sono carenti.

In aggiunta a queste tipologie di base, è opportuno ricordare che si registrano casi di nidi posti in posizioni miste o non definibili rigidamente secondo un preciso schema.

Di regola viene deposto, un solo uovo. Sono segnalate anche covate di rimpiazzo avvenute nella fase iniziale della cova, ma ciò rientra nell’eccezionalità. 

L’incubazione delle uova (curata, come detto da entrambi i sessi con una certa dominanza della femmina) è una fase molto delicata che ogni uccello cerca di portare avanti nel migliore dei modi possibili. Le specie più grandi, come per il nostro caso, hanno una incubazione di oltre 50 giorni, e, per consentire l’involo del giovane nei propizi mesi estivi, effettuano la deposizione nel pieno dell’inverno. Accade quindi che la prima fase della cova possa essere resa più difficile dall’inclemenza del tempo. Eventuali lunghe assenze dal nido potrebbe compromettere la riproduzione. 

I pulli appena nati sono ricoperti di un candido e soffice piumino bianco. Appena nato un pullus pesa in media un centinaio di grammi. 

Nei primi 20/30 giorni i pulli vengono accuditi assiduamente dai genitori per proteggerli dalle intemperie ed anche dall’insolazione eccessiva che potrebbe disidratarli. Durante questo periodo raramente viene lasciato il nido e quando accade è per brevissimo tempo. In questa fase la femmina (o il maschio) si dispone in posizione analoga a quella della cova, ma leggermente rialzata e cambiando spesso posizione. Al momento del pasto si sposta leggermente e con estrema delicatezza provvede ad imboccare il pullo con il rigurgito del cibo.

Nei suoi primi giorni di vita il piccolo Grifone non è capace di reggersi in piedi, per cui trascorre gran parte del suo tempo accovacciato e sonnecchiando; si scuote tuttavia dal suo torpore quando deve defecare, giacché - molto attento a non imbrattare il nido - si gira verso l’esterno e con un energico schizzo proietta all'esterno lo sterco biancastro e quasi liquido, le cui tracce sono visibili, come più volte detto, intorno al nido o sul terreno sottostante. Il pullo di una ventina di giorni è già in grado di pulirsi scrupolosamente il piumino o stirarsi con le ali. Quando è molto piccolo (primi giorni) sono i genitori a provvedere a "spulciarlo".

Quando hanno una settantina di giorni di vita i piccoli di Grifone assumono per così dire l'aspetto di adulto: sono ben impiumati ed ostentano un gran dinamismo con evidenti movimennti nella zona del nido.

A 90/100 giorni il pullo è più o meno del tutto impiumato.

Nei giorni che precedono immediatamente l’involo (in genere 110/120 gironi di vita), il giovane Grifone è irrequieto, batte spesso le ali con forza, alzandosi anche per qualche istante da terra e “girovaga” se possibili nelle cenge rocciose circostanti. Dalla metà di agosto (Appennino centrale) giunge il gran momento dell’involo. Un battito d’ali più forte, uno slancio nel vuoto, ed ecco che l’aquilotto si trova sospeso in aria nell'ebbrezza del volo, ma si tratta - quasi sempre - di un volo di breve durata che si conclude con un atterraggio alquanto goffo. Durante questo periodo il piccolo grifone ama rimanere per lunghe ore posato su una roccia o su altra sporgenza, facendo soventemente reingresso nel nido abbandonato dove i genitori continuano a rigurgitargli il cibo procurato altrove.

Una volta involato il giovane dovrà apprendere le tecniche di volo e di perlustrazione, avendo a modello i genitori e gli altri membri della colonia. La dipendenza alimentare dai genitori, per quanto concerne il cibo, si protrae almeno per un altro mese, mentre la padronanza del volo si sviluppa rapidamente, tanto che ad un mese dall’involo un giovane grifone è padrone dell’aria anzi ad onor del vero già dopo pochi giorni acquista una buona pratica del volo. Seguendo gli adulti sulle carcasse apprende poi abbastanza rapidamente la tecnica di come alimentarsi con un iniziale discreto successo (questo per la zona appenninica spesso facilitato dal continuo approntamento di carnai artificiali).

L'esperienza costituirà comunque un ruolo determinante per la formazione del giovane Grifone che giorno dopo giorno farà progressi nella pratica del volo e dell’alimentazione.

Soprattutto gli immaturi una volta del tutto indipendenti potrebbero attivare un certo senso di erratismo, portandosi in altri territori, anche molto lontano. Questa evenienza comunque è stata del tutto assente per i soggetti dell’Appennino centrale.

Il Grifone ha un ampio spettro alimentare di carogne, con ovvia preferenza per quelle medio-grosse (ungulati selvatici e domestici) anche se non disdegna piccole prede (p.e. lepri e conigli) una volta individuate (con il solo senso della vista e mai dell’odorato). Dotato di un formidabile rostro non ha difficoltà nel lacerare e sezionare le carni; gli artigli, poco poderosi servono principalmente per reggere la preda di cui intende cibarsi. La mancanza di grosse penne del collo unitamente alla sua snodabilità e alla sua lunghezza riesce ad “inoltrarsi” con una certa facilità anche negli orifici più piccoli della carcassa. Come accennato oltre che al robusto becco il Grifone deve la sua straordinaria capacità di cercatore di carogne grazie all'eccezionale acutezza visiva con un alto potere di risoluzione, paragonabile a quella umana potenziata di decine di volte. La lingua del grifone presente delle particolari rugosità idonee ad afferrare meglio le parti più molle e lisce della carcassa (osser. Personale; Hammond & Pearson, 1993).

Il fabbisogno alimentare giornaliero di un Grifone è difficile asserirlo in quanto non essendo un predatore attivo quando trova l’alimento tenta di nutrirsi con una certa “abbondanza” per prevenire eventuali giorni di magra che lo costringono ad un vero e proprio digiuno (carnai permettendo). Tuttavia Houston (1980) e Kendeigh (1970) sostengono che un Grifone ha un consumo giornaliero di 400-450 kcal,  corrispondente a circa 500 g di carne pro-die.

La tecnica che il rapace usa nella sua alimentazione è abbastanza semplice. Il Grifone, quanto può se non è fortemente osteggiato dai membri della stessa coppia con le robuste zampe tiene ferma la preda, quindi servendosi del forte becco ne strappa le carni tirandole con forza. A volte opera anche rimanendo con le zampe a terra.

Grazie a numerose osservazioni esperite su individui di Grifone intenti ad alimentarsi su carcasse di varia natura (cavalli, pecore, cervi, caprioli, camosci, ecc.), si può sintetizzare che a volte nella fase iniziale della presenza della carcassa, i Grifoni veleggiano a lungo a più riprese senza scendere subitaneamente; a volte non scendono affatto. Altre volte, una volta attivata l’alimentazione possono stazionare nei pressi della zona del cibo anche durante le ore notturne.

Sulle carcasse il Grifone anche se in folto gruppo non è affatto dominante rispetto ad una improvvisa presenza di un’aquila reale.

Molto spesso soprattutto nell'ambito di territori protetti o come nel caso della reintroduzione nell’Appennino centrale, si da corso all'istituzione di carnai artificiali per favorire l'approvvigionamento alimentare dell’avvoltoio oltre che per legarlo maggiormente al nuovo territorio (una loro repentina dispersione per la ricerca del cibo potrebbe essere deleteria negli ambiente fortemente antropizzati come quelli dell’Italia centrale).

I carnai vengono di solito realizzati fornendo di volta in volta carcasse intere (per esempio di pecora), dislocandole in punti facilmente accessibili dal rapace e sufficientemente tranquilli (di norma recintati per impedire il “saccheggio” dei mammiferi (come cani, lupi, cinghiali, volpi, ecc.). Tuttavia agli indubbi vantaggi che tale pratica può apportare alla vita del rapace si contrappone il rischio della possibile dannosa assuefazione del rapace alla facilità di approvvigionamento alimentare nonché il pericolo di avvelenamento delle carcasse da parte di malintenzionati.

Tuttavia per ridurre il rischio di assuefazione l'intervento andrebbe fatto in maniera irregolare, con specifiche pause nei periodi in cui esso è meno necessario.

Una volta constatato il buon recupero dalla fauna selvatica predabile dal rapace è sostanziale sospendere del tutto o quasi la pratica dei carnai.


N. B. E’ indispensabile impiegare esclusivamente carcasse di animali indenni da malattie e non trattate con farmaci chemioterapici (rigido controllo veterinario).

Occorre ricordare che la temibile pratica dell’avvelenamento di carcasse intere o di piccoli bocconi di carne, largamente attuata negli anni passati, ha causato vere e proprie stragi tra la fauna selvatica, Grifoni compresi. Fortunatamente in questi ultimi tempi il fenomeno ormai integralmente bandito dalle leggi, si è sensibilmente ridotto anche se di tanto in tanto si registrano casi anche gravi di avvelenamenti di massa (nella reintroduzione del Velino ciò purtroppo è avvenuto anche se la carcassa intossicata era presente ad oltre 25 km in linea d’aria di distanza dal massiccio e ci fu il decesso di una decina di esemplari).


Interazione tra conspecifici


Come abbiamo visto in precedenza, l’intera area occupata e frequentata abitualmente da una colonia stabile di Grifone viene definita home range, ed ha una ampiezza che varia a seconda delle condizioni ambientali. L'home range comprende a sua volta delle sotto-zone, come i siti di caccia a volte anche ben precisi (leggasi carnai) e i nidi stessi.

Essendo il Grifone una specie spiccatamente sociale la sua interazione con i propri consimili si esplicano solamente in poche circostanze: competizione per il cibo (anche se fatto in gruppo), a volta la difesa del proprio posto nel “Roost” e soprattutto per la difesa del proprio sito di nidificazione anche per solo per pochi metri dalle altre distanze; tra l’altro, come si è evidenziato, gruppi di grifoni possono nidificare anche vicino gli uni agli altri (pochi metri o al massimo qualche decina soprattutto se la colonia è numerosa). In genere questi tipi di difese si manifestano con semplici minacce delle zampe, con soffi o con posture “goffe” e con un vigoroso dispiegarsi delle possenti ali per allantonare il “rivale” unitamente ad un gonfiore/pretuberanze del petto.


Rapporti interspecifici


Corvidi

Nell'ambito della storia dei suoi rapporti con le altre specie merita una particolare menzione l'impertubabile filosofia a volte il Grifone sopporta i frequenti attacchi intimidatori provenienti dai corvidi (mobbing) (cornacchie nere e grigie, gracchi alpini e corallini, corvi imperiali, ghiandaie) anche in forma congiunta (a volte si intromette anche qualche rapace come per esempio il gheppio); in questo caso la sua reazione consiste più che altro nell'ignorare del tutto i disturbatori e con un simbolico colpo d’ala. I corvidi infastidiscono il rapace con ripetute picchiate, sia quando esso è in volo, che quando è posato in fase alimentare (se il cibo è abbondate il disturbo si attenua notevolmente); quando un corvide “perseguita” un Grifone emette continui richiami per attirare l’attenzione dei conspecifici. Occorre tra l’altro dire, come già evidenziato, che gli uccelli anche necrofagi, come i corvidi appunto, scolgono un ruolo tutt’altro che secondario nel reperimento delle carcasse.


I rapaci

Spesse volte, alle petulanti picchiate delle cornacchie (mobbing) si affiancano quelle agili e insistenti del gheppio (Falco tinnunculus) che opera spesso in coppia (se sono presenti possono intervenire anche i giovani dell’anno). Oltre al gheppio anche altri rapaci, come per esempio il falco pellegrino (Falco peregrinus), la poiana (Buteo buteo), lo sparviero (Accipiter nisus), il nibbio bruno (Milvus migrans) e le albanelle (Circus sp.), possono disturbare i Grifoni (si registrano anche azioni di disturbo congiunto) (osservazioni personali). Il pellegrino diviene invece molto aggressivo ed insistente se i Grifoni stazionano nei pressi del proprio sito di nidificazione. 

La competizione territoriale nei confronti di altre specie rupicole è quasi del tutto assente ma occorre rilevare comunque che sul sito di alimentazione il Grifone e non subisce disturbi di rilievo da altri uccelli (tranne eccezioni, v. oltre).

Per quanto attiene al rapporto con gli avvoltoi, in particolare con il gipeto (Gypaetus barbatus), si osserva che tra le due specie non vi è sovrapposizione della nicchia alimentare in quando, come noto, il gipeto si alimenta prevalentemente di animali morti, in particolare delle loro ossa. I siti di nidificazione delle due specie si mantengono ben distinti, ma ciò non toglie che le due specie possano incontrarsi in volo, e qui ingaggiare spettacolari battaglie aree (Fasce & Fasce, 1984 - Genero 1994, comunicazione personale), tuttavia quasi sempre incruenti. Per contro sia rispetto al Grifone che all’aquila reale essi si allontana prontamente se accorrono sulla carogna un branco di lupi (osservazione personale). In certe località della Spagna, l'espansione del grifone sta sottraendo i siti di nidificazione al gipeto, al capovaccaio, all'Aquila reale e ancor più all'aquila del Bonelli. Infatti i grifoni si "impadroniscono" dei nidi di queste specie in quanto, come noto, iniziano in anticipo la riproduzione (deposizione gennaio-marzo) (Allavena 1995, comunicazione personale; Donazar, 1993; Fernandez & Donazar, 1991 in Dentesani et al. 1995).


La produttività


Il Grifone si riproduce con bassi valori di produttività (numero giovani involati/numero periodi riproduttivi delle coppie controllate).

Tali valori variano sensibilmente da una coppia all'altra; tale variabilità permane alta in tutte le zone di presenza dell’avvoltoio.

Le cause di un siffatto fenomeno sono molteplici e spesse volte non certo univoche: l'alimentazione, tendenze all'autoregolamentazione delle popolazioni, necessità fisiologica del riposo produttivo, condizioni climatiche e, molte volte, al disturbo arrecato dalle attività antropiche.

Il tasso di mortalità dei giovani grifoni è alto almeno sino agli immaturi; il predetto tasso decresce notevolmente con l’età adulta, tanto che - superato il punto critico - il Grifone può raggiunge  una sostanziale longevità che compensa in parte le bassa produttività e le morti precoci. In questa maniera le popolazioni mantengono una certa stabilità e, ove non intervengano fattori antropici distruttivi, la specie può lentamente espandere il proprio territorio e la propria popolazione; così potrà raggiungere il picco dell'espansione, per oscillare poi, al pari di ogni fenomeno naturale, tra crescita e decrescita (costante K).

Per quanto attiene ai motivi che conducono una coppia al fallimento o alla non attivazione della stagione riproduttiva si possono affacciare le seguenti ipotesi indicative:


  • Fallimento


1. La coppia depone le uova, ma le abbandona durante il ciclo di cova (disturbo, forti carenze alimentari, ecc).

2. Le costanti avverse condizioni climatiche determinano l’interruzione del ciclo riproduttivo.

3. Le uova, regolarmente deposte e covate per tutto il ciclo, non si schiudono per varie cause (uova non fecondate, uova raffreddate, ecc.).

4. La nidificazione non va in porto per l’inesperienza della femmina (subadulta, prima nidificazione, ecc.).

5. Le uova si schiudono, ma i pulli muoiono dopo pochi giorni.


  • Non attivazione della riproduzione (cause presunte ma non certe)


1. La coppia non è atta alla riproduzione.

2. La forte carenza alimentare (se costante nel tempo può causare l’abbandono definitivo del sito, carnai artificiali permettendo).

3. La mancanza di nidi alternativi (disturbo su quello principale o necessità di farlo “riposare”).

4. Disturbo generale eccessivo (se costante nel tempo può causare l’abbandono definitivo del sito).

5. Stato fisico debilitato soprattutto della femmina.

6. La continua inclemenza atmosferica ?

7. Fase fisiologica di riposo.


Il successo riproduttivo di una coppia di Grifone può essere favorito, oltre che da una serie di fattori concomitanti positivi, come la tranquillità del sito, l’abbondanza di prede, l’andamento stagionale favorevole, e così via, anche dalla maggiore o minore abilità della coppia ad effettuare l’allevamento con la dovuta cura. E' fuori dubbio infatti che al comportamento "standard" di base, proprio della specie, si affiancano varianti connesse alle caratteristiche etologiche delle singole coppie.

Vi è una certa relazione tra la longevità massima e dimensione del rapace. I rapaci più grossi, e quindi gli avvoltoi, vivono più a lungo di quelli piccoli.


Per i Grifoni le principali cause di morte di possono pertanto essere così schematicamente riassunte:

  • Avvelenamenti
  • Bracconaggio
  • Elettrocuzione
  • Incidenti vari
  • Inedia
  • Malattia
  • Vecchiaia


Le specie a bassa produttivià, come è appunto il Grifone, sono eccezionalmente sensibili alle uccisioni e a qualsiasi danneggiamento diretto e duraturo nel medio-breve tempo.

Tuttavia, se si garantiscono condizioni ambientali ottimali o per lo meno soddisfacenti (prede abbondanti, tranquillità dei siti, ecc.), e si evitano le uccisioni dirette degli adulti, la longevità di questi ultimi permette di recuperare saldamente il numero degli effettivi e di rioccupare velocemente territori lasciati liberi.


La dispersione degli individui


Come noto esistono tre forme di dispersione: emigrazione (movimento di allontanamento), immigrazione (movimento di avvicinamento) e migrazione (movimento periodico di andata e ritorno). La dispersione è influenzata sia dalle barriere naturali che dalla vagilità, cioè dalla capacità di movimento (Odum, 1973).

Nel caso del Grifone la popolazione comprende individui che, a seconda dell’età e della collocazione geografica, esprimono un particolare comportamento. Una colonia di Grifone sono in genere una specie sedentaria, in quanto i suoi individui rimangono legati per tutta la vita ad un determinato territorio. Questa caratteristica di base è però specifica degli individui che hanno formato una coppia stabile e che in ogni caso vivono in gruppo per le loro esigenze vitali.

I giovani e i subadulti potrebbero invece attuare una certa forma di erratismo coprendo a volte lunghe distanze tanto da poter parlare di migrazione vera e propria. Fino a quando uniti in altri luoghi danno vita ad una nuova colonia (osservati anche spostamenti “coloniali” anche di poche centinaia di metri ed in forma temporale graduale).


I meccanismi di controllo delle popolazioni


Prescindendo dai fattori limitanti connessi all'antropizzazione del territorio, lo sviluppo di una colonia di Grifone è soggetto a impulsi di autocontrollo che tendono a conseguire il giusto rapporto tra il numero degli individui presenti in un territorio e le risorse del territorio stesso. E' noto infatti che nessuna specie può svilupparsi indefinitivamente in quanto trova un limite nel potenziale biologico del territorio in cui vive. Possono verificarsi fenomeni di crescita o decrescita, ma sempre oscillanti rispetto ad un’asse medio definito“capacità biologica specifica” (carryng capacity level, costante K di crescita) che può essere considerata come il tasso di popolazione ottimale della specie.

Le fluttuazioni di una popolazione di Grifone possono dunque essere influenzate da due fattori generali: fattori estrinseci (di solito irregolari e dipendenti da uno o più fattori limitanti), ovvero le interazioni esterne alla popolazione, e fattori intrinseci (regolari o ciclici), ciò fattori interni alla popolazione. Ora nell’ambito della consistenza delle popolazioni di Grifone sappiamo che intervengono sia i fattori estrinseci riferiti principalmente all’intervento antropico, che i fattori limitanti intrinseci legati alla biologia della stessa specie.

Tra i principali meccanismi intrinseci che agiscono come fattori di autocontrollo di una popolazione di Grifone possiamo ricordare:


  • la divisione del territorio tra le colonie sempre più numerose;
  • l'emigrazione degli individui (soprattutto giovani);
  • l'esubero dei giovani degli anni precedenti;
  • la bassa produttività;
  • il lento raggiungimento della maturità sessuale.


Questi meccanismi di controllo sono estremamente importanti per l’economia della specie e per il suo equilibrio nel territorio.

Tra i fattori estrinseci che intervengono sulla limitazione delle popolazioni di Grifone si ricordano:


  • persecuzione diretta (uccisioni, saccheggio dei nidi, avvelenamenti)
  • le alterazioni antropiche di svariata natura (manomissione del territorio, disturbo diretto ed indiretto durante la nidificazione, ecc.);
  • la carenza alimentare;
  • l'andamento stagionale climatico avverso.


Breve descrizione degli avvoltoi presenti in Europa


In Europa, come noto, sono presenti quattro avvoltoi circoscritti nei paesi mediterranei e alcuni nel Mar Nero: grifone, avvoltoio monaco, capovaccaio e gipeto. Questo gruppo è praticamente, per l’Europa, l’unico che si nutre quasi esclusivamente di carogne.

Il grifone, come si è visto, è la specie più spiccatamente sociale e più comune degli altri, formando spesso delle colonie, dove abbondanti, anche di un centinaio di individui.

L’avvoltoio monaco, più raro, tranne quando si alimenta su carcasse, in genere lo si osserva da solo o in piccoli gruppi (2/4 esemplari), mentre dove è più abbondante è possibile contare mediamente anche una quindicina di esemplari.

Il gipeto, che nell’alimentazione prediligie le ossa, di solito è solitario o in coppia ed è in genere osservabile tra le alte pareti rocciose.

Il capovaccaio, il più piccolo dei tre, è in certe regioni (p.e. Spagna) abbondante, scarsissimo in altre (p.e. sud d’Italia); soventemente frequenta anche gli immondezzai dove possono raccogliersi in grande numero. Tuttavia le coppie, a differenza del grifone, si riproducono isolate.

Come abbiamo poc’anzi detto il gipeto, quanto può, predilige la struttura ossea da dove assorbe il ricco midollo. Altamente avvezzo al riguardo usa a volte far cadere dall’alto un osso per favorirne la rottura onde prelevare agevolmente la citata parte midollare. Anche il capovaccaio ha un corportamento simile in particolare quando suole far cadere da breve distanza una pietra su un uovo per consentirne la rottura onde alimentarsi con la parte interna.


Una concisa scheda delle specie è la seguente (da Perrins, 1987 e Harrison, 1988 – dati indicativi):


Grifone: 100 cm, F 7500-10500 g, M 8000-11000. Sedentario, spesso giovani erratici. Molto grande con ali larghe e tendenzailmente squadrate. Il corpo bruno chiaro contrasta nettamente con le remiganti scure, testa e collarino chiaro (marroncino nei giovani). Voce: fischi, brontolii, gracchiamenti quasi eslusivamente quanto è posato. Habitat: aree montuose, ma anche falesie marine costiere, ma più frequentare anche località pianeggianti per la ricerca del cibo. Nido: cavità delle roccie, ampie nicchie, terrazzini con apporto di ramaglia da parte di entrambi gli individui della coppia, spesso in colonie. Uova: 1, biancastro, talvolta macchiettato di scuro (rado rosso marrone), 92 mm. ca. Nidiate: 1 Cova: 52-55 gg, M/F. Juv. involo: 110-120 gg. ca. Cibo: carogne.


Avvoltoio monaco: 104 cm, 7000-12500 g. Sedentario. Molto grande completamente nero e con ali larghe e tendenzailmente squadrate. Il corpo bruno chiaro contrasta nettamente con le remiganti scure, testa e collarino chiaro. Voce: sibili e brontolii, ma di solito silenzioso. Habitat: zone montuose impervie. Nido: prevalentemente su grossi alberi con apporto di ramaglia da parte di entrambi gli individui della coppia. Uova: 1, biancastro, variamente macchiettato di marrone, rosso castano o porpora,  90 mm. ca. Nidiate: 1 Cova: 50-55 gg, M/F. Juv. involo: 100-110 gg. ca. Cibo: carogne anche putrefatte.


Capovaccaio: 62 cm, 1600-2200 g. Migratore. Il più piccolo degli avvoltoi; adulti bianco giallastro; ali sfilate con remiganti scure, testa gialla arruffata. Voce: di solito silenzioso, altrimenti sibili e miagolii. Habitat: vario dalle zone montane sino a piccoli centri abitati. Nido: in fenditure o grotte nelle rocce con apporto di ramaglia da parte di entrambi gli individui della coppia. Uova: 2, a volte 1-3, grigio biancastre chiazzate di marrone rossastro o rosso violaceo, 66 mm. ca. Nidiate: 1 Cova: 42 gg, M/F. Juv. involo: 70-90 gg. ca. Cibo: carogne anche nelle discariche (immondezzai).


Gipeto: 110 cm, 5000-7000 g. Sedentario, giovani erratici; raro. Molto grande; ali palesemente più strette dell’avvoltoio monaco e del grifone con coda allungata e cuneiforme. Voce: di solito silenzioso altrimenti grida acute e fischi. Habitat: zone montuose molto ampie. Nido: cenge o grotte nelle rocce con apporto di ramaglia da parte di entrambi gli individui della coppia. Uova: 1-2, biancastre, chiazzate di marrone e violaceo oppure sfumate di fulvo o di un giallastro intenso,  86 mm. ca. Nidiate: 1 Cova: 55-60 gg, F (M). Juv. involo: 107-117 gg. ca. Cibo: carne delle carogne, ossa. 



La protezione del Grifone


La forte contrazione della consistenza delle popolazioni di Grifone, e perciò del loro areale di distribuzione, ha fatto si che negli anni passati il rapace venisse inserito nella “Red list”; fortunatamente in questi ultimi decenni, grazie ai più solerti e adeguati interventi protettivi, sia diretti (principalmente reintroduzioni) che indiretti, si è avuto una discreta inversione di tendenza, almeno per quanto attiene ad alcune subpopolazioni (molto forte invece è stato l’incremento nei territori spagnoli).


Agenti negativi

Le cause che si pongono all'origine del rischio-Grifone sono molteplici; col seguente elenco si indicano le più significative:


  • Uccisioni dirette (caccia, bracconaggio).
  • Disturbo della nidificazione, con conseguente insuccesso della stessa.
  • Manomissione dei territori vitali del rapace (apertura di strade, costruzioni di manufatti come impianti di risalita, forestazione industriale e non in luoghi delicati per il rapace, ecc.).
  • Escursionismo, alpinismo di massa ed altre attività ricreative (eliski, motocross, fuoristrada, birdwatchers, fotografia naturalistica, ecc); fonti di turbativa delle attività di caccia del rapace, moltiplicano anche le occasioni che compromettono la nidificazione.
  • Avvelenamenti con bocconi o tramite carogne intossicate (è tra le più temibili).
  • Avvelenamenti da fitofarmaci e similari (causa apparentemente secondaria, tranne casi localizzati)
  • Saccheggio di uova o di nidiacei.
  • Falconeria (almeno in certe forme)
  • Rarefazione delle carcasse (causa indiretta).
  • Morti per folgorazione (elettrocuzione) e collisioni con i fili degli elettrodotti (altro grave elemento, almeno per certi distretti).
  • Collisioni con alianti, aerei o deltaplani (eventi rari ma accaduti).
  • Costruziuone di impianti eolici che, oltre che determinare un gravissimo impatto sul territorio (apertura di strade, attività di forte disturbo correlate all’attivazione e alla manutenzione degli impianti, ecc.), raprresentano un vero e proprio disastro per la vita del grifone in quanto il roteare delle pale determina una strage vera e propria di avvoltoi in ogni periodo dell’anno. Oggi si parla di energia alternativa ma nessuno parla del suo gravissimo impatto sul mondo naturale. Parlare è facile, ma agire in senso oculato è molto più difficile. Si spera che le politiche future sull’energia eolica (o meglio di quella cosiddetta pulita) riflettano bene sull’impatto che esse danno sull’ambiente in generale e sulle singole specie in particolare, altrimenti la tanto sbandierata “ecocompatibilità’ delle strutture energetiche umane non trovano sul campo nessun  riscontro reale e sostanziale. Purtroppo nella cecità della situazione anche alcune associazioni ambientaliste si sono fatte portatrici di queste “nuove’ forme di energia, e, nella loro miopezza, sembrano che ancora per una volta abbiano guardato ai meschini interessi dell’uomo!!


Un breve approfondimento lo merita l’avvelenamento chimico con l’impiego di alcune sostanze tossiche, usate sia in agricoltura che nell'industria, ha causato gravissimi danni anche ai rapaci, soprattutto in riferimento alla loro produttività (Fasce & Fasce, 1984) e, per quanto attiene ai Grifoni ad una morte diretta spesse volte istantanea ed immediata. L’avvelenamento chimico, ormai capillarmente diffuso, ha alterato quasi tutti i cicli naturali della campagna, privando la biocenosi di fondamentali elementi che sono alla base degli equilibri dei singoli ecosistemi. Molte sostanze chimiche, nell’ambito della catena alimentare, si concentrano ad ogni passaggio. A farne maggiormente le spese sono ovviamente i predatori ed i superpredatori, posti al vertice della piramide. Oltre ad evidenti danni diretti di avvelenamento acuto, si verifica anche un subdolo accumulo nell’organismo delle sostanze tossiche causando gravi squilibri fisiologici non ultimo quello che incide sul metabolismo del calcio (Chiavetta, 1981), da cui consegue una fragilità del guscio delle uova che è talmente sottile da rompersi col semplice peso dell’uccello in cova (Chiavetta, 1981).

La proibizione pressoché totale degli agenti avvelenatori (principalmente stricnina, anche se eccessivamente diffusa)  o altri come il DDT, ha favorito in certi Paesi il parziale riequilibrio di alcuni elementi e, per quanto attiene ai rapaci, una leggera ripresa di certe specie (si ricorda il falco pellegrino nella fascia settentrionale di presenza), ripresa a volte incoraggiata da specifiche operazioni di reintroduzione.


Per riservare quindi un futuro migliore alla vita dei Grifoni, per riassumere ulteriormente, si espongono in breve, i punti essenziali da tener presente:


1. eliminare le uccisioni dirette ed il prelievo di uova e nidiacei per fini commerciali e per la falconeria. Le sanzioni dovrebbero essere eccezionalmente severe, sino all'irrogazione di multe elevatissime e all'arresto;

2. dare vigore alle norme di salvaguardia, sia intensificando i controlli, sia attuando una stretta vigilanza sul territorio;

3. divulgare capillarmente le reali nozioni della conservazione della natura e, nello specifico caso, le funzioni che il Grifone svolge nella complessiva economia della natura;

4. organizzare, ove possibile, servizi permanenti di sorveglianza durante tutto il periodo riproduttivo, o almeno per la sua maggior parte, specialmente per i siti di nidificazione a rischio;

5. programmare l’istituzione saltuaria e discontinua di carnai in punti adatti per surrogare la mancanza, per causa antropica, di prede e di carogne. Ciò dovrà obbligatoriamente avvenire qualora si riscontri un equilibrio sano preda/carcassa nei territori abitati dall’avvoltoio. Limitare l’interramento delle carcasse del bestiame perito per cause non pericolose;

6. ridurre drasticamente l’impiego dei prodotti chimici tossici in agricoltura;

7. chiusura dell’attività venatoria nelle località più frequentate dal Grifone; ove ciò non sia possibile, ridurre i periodi e i giorni di caccia. Vincolare il cacciatore al territorio in maniera che si senta responsabile della zona ed operi con coscienza e raziocinio.  

8. proibire l’arrampicata sportiva, l’alpinismo e i lavori di varia natura,  nei pressi dei punti di nidificazione;

9. approfondire le osservazioni sul campo per acquisire una completa conoscenza dello status delle varie popolazioni di Grifone, sopratttutto per quelle reintrodotte.

10. favorire il ripristino della catena alimentare naturale con l’opportuna reintroduzione di specie scomparse per causa antropica e con la reale conservazione del territorio;

11. per evitare le folgorazione dei Grifoni che si posano sugli elettrodotti appare opportuna l'istallazione di appositi posatoi sui tralicci; un tale intervento risulterà utile ovviamente anche per gli altri grandi rapaci (p.e. aquile).

12. mantenere segreti  i siti di nidificazione individuati;

13. ridurre drasticamente la manomissione del territorio, come l’urbanizzazione, l’apertura di strade, la cementificazione, l’uso massiccio degli antiparassitari e degli altri veleni chimici, l’assalto del turismo e delle strutture ad esso collegate, ecc.;

14. istituire aree protette nel maggior numero possibile; finalizzare le aree protette alla vera salvaguardia degli ecosistemi indispensabili alla conservazione della natura. Nelle aree protette non limitarsi al solo divieto di caccia, ma evitare tutte le speculazioni “ecocompatibili” che compatibili non lo sono affatto (turismo, aree ricreative, ecc.).



PARTE SECONDA


IL PROGETTO GRIFONE 

NELL’APPENNINO CENTRALE: 

IL MONTE VELINO E 

IL MONTE GENZANA



Il Grifone in Italia


Il Grifone era un tempo distribuito nell’intero bacino del mediterraneo, nel Medio Oriente e in una vasta area dell’Asia centro-occidentale. Attualmente, come abbiamo visto, è presente soprattutto in Spagna con quasi 10.000 coppie e poi in Portogallo, Francia, Italia, Jugoslavia, Albania, Russia europea, Turchia, Israele, Cipro e Algeria.

Fino al secolo scorso era diffuso come nidificante in gran parte dell’Europa mediterranea e balcanica, in Medio Oriente e nel Nord Africa.

La riduzione del pascolo brado, la modificazione della pastorizia, l’evoluzione delle pratiche e delle normative veterinarie, la persecuzione diretta, il saccheggio dei nidi, l’uso di esche avvelenate hanno provocato un drastico declino della specie che si è estinta o ridotta fortemente in gran parte del suo areale.

In Italia, come abbiamo visto, sopravvivono attualmente solo nella Sardegna nord-occidentale con poco più di un centinaio di individui. In Sicilia si è istinto nel 1965. Sulle Alpi era verosibilmente presente in vari distretti alpini e soprattutto prealpini. Nelle Alpi marittime francesi era ben distribuito ancora nel secolo scorso ed un piccolo numero di coppie risultava ancora presente fino all’incirca al 1925. Secondo alcuni era presente anche sulle montagne della Liguria. La specie era citata come comune e considerata nidificante sulle Alpi orientali e forse su quelle piemontesi. Nidificava inoltre in Alto Adige.

Per quanto riguarda l’Italia peninsulare, la nidificazione nei tempi passati su alcuni massicci calcari dell’Appennino centro-meridionale è data per probabile da diversi autori sulla base di riferimenti toponomastici, di considerazioni ecologiche e faunistiche, di valutazione di caratterere biogeografico e distributivo, di testimonianze storiche.

Il medico marchigiano Costantino Felici in un suo trattatello del 1573 intitolato “Cognitione degl’uccelli bei animali pertinenti a l’aree”, riferito all’avifauna dell’Appennino marchigiano cita, oltre al Gipeto e, con ogni probabilità, al Capovaccaio anche il voltore che ‘nasce pure ne somità di arbori’ e il Voltore che ‘nasce nelle eccelse rupe et balze’. Sarebbero quindi l’Avvoltoio monaco nidificante su alberi e il Grifone, specie assai simili per dimensioni ed aspetto generale, che nidifica invece su pareti.

Certamente la specie è scomparsa dall’Appennino in epoca non recente, prima del diciannovesimo secolo, e prima che in altre aree mediterranee a causa, presumibilmente, della posizione marginale della zona rispetto agli areali principali e della rapida distruzione degli ungulati selvatici. Devono inoltre avere influito pesantemente le uccisioni dirette e il prelievo dai nidi, a scopo alimentare, dei pulcini, con conseguenze particolarmente pesanti nel caso di una specie, come il Grifone, che si riproduce in colonie e che ha ritmi riproduttivi assai lenti.

Del resto qualche Grifone compare ancora nell’Appennino centrale (una prova certa ci è stata offerta dall’inserimento spontaneo di 3 esemplari estranei al gruppo libero del Velino), proveniente con ogni probabilità dalle colonie slave e greche. Infine è cosa normale che la presenza di certe specie, anche di grosse dimensioni, si perda rapidamente ogni memoria, una volta scomparse. Tale situazione si è verificata con il Gipeto, in diverse zone delle Alpi, dove si è istinto completamente all’inizio di questo secolo, e con il Corvo imperiale scomparso dall’Appenino centro-settentrionale tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60 e di cui, a livello locale, resta traccia solamente nel ricordo di alcuni vecchi pastori e cacciatori.


La fasi concrete reintroduttive


Nell'ambito dei progetti finalizzati alla riqualificazione faunistico/ambientale dei territori dell’Appennino centrale la reintroduzione del Grifone (Gyps fulvus), costituisce un passo molto importante e finanche essenziale.

Infatti per contrastare il declino di questa specie e in ogni caso per riequilibrare la catena alimentare, in molti distretti europei si è dato corso, a partire dalla fine degli anni sessanta, ad una serie di reintroduzioni che nel caso del Massiccio Centrale francese ha avuto e sta avendo lusinghieri risultati.

In Italia, oltre ad operazioni di "restoking" operate in Sardegna, sono in essere altri importanti interventi: uno in Friuli nel Comune di Forgaria dove il progetto è in corso già da diversi anni e l'altro, dall'ottobre del 1993, nel Massiccio del Velino, sull'Appennino centrale (Riserva Naturale Orientata “Monte Velino”). Dal nuovo millennio è stato istituito anche un secondo luogo di rilascio alle falde del Monte Genzana (comune di Scanno, loc. Frattura) con le prime liberazioni effettuate nell’estate 2001. Prossimamente la specie sarà reintrodotta anche in Sicilia, dove l’avvoltoio era presente sino a pochi decenni fa (il progetto è praticamente in corso).

L’eventualità della reintroduzione del Grifone sull’Appennino centrale è stata esaminata ed approfondita con cura. Si è poi deciso di dare via al Progetto per una serie di considerazioni brevemente accennate e precisamente:

1) diversi elementi fanno ritenere, con ragionevole sicurezza, che la specie fosse presente nell’Appennino centrale, anche se non oltre la fine del diciottesimo secolo, e che sia successivamente scomparsa a causa dell’uomo;

2) le condizioni ambientali sono pienamente rispondenti alle esigenze della specie, come hanno confermato tra l’altro vari, autorevoli esperti anche di fama mondiale che hanno visitate le aree (p.e. D. Huston);

3) vi sono numerosi capi di bestiame domestico, diversi dei quali tenuti allo stato brado e presenti tutto l’anno;

4) tra gli ungulati selvatici il Cinghiale è  numeroso e il Cervo, oltre che in località del Parco Nazionale d’Abruzzo è stato reintrodotto con successo anche nel massiccio del Velino/Sirente, quest’ultima specie presenti ormai con centinai di esemplari unitamente al più piccolo Capriolo;

5) la presenza del Lupo, che abbatte abitualmente ungulati lasciandone spesso abbondanti resti, aumenta notevolmente le possibilità alimentari del Grifone;

6) esiste una valida protezione dell’ambiente in loco, grazie per esempio alla Riserva Naturale Orientata del Monte Velino (4.000 ha circa) istituita dal Corpo Forestale dello Stato nel 1987 nei comuni di Magliano dei Marsi e di Massa d’Albe a cui fa corona il più ampio Parco Regionale del Sirente/Velino, la Riserva regionale dei Monti della Duchessa, il Parco Nazionale d’Abruzzo, i Parchi Nazionali del Gran Sasso/Laga, della Majella, dei Monti Sibillini, unitamente ad altre riserve naturali di varia entità e superficie;

7) vi sono valide strutture di gestione del Corpo Forestale dello Stato che esercitano un’attenta sorveglianza del territorio e mantengono punti di alimentazione fissi o temporanei, alcuni dei quali realizzati anche per la reintroduzione del Corvo imperiale nel massiccio del Velino.

Si è quindi passati alla fase operativa. Sono state costruite ampie voliere, realizzate in modo da garantire condizioni ottimali per la permanenza in esse di un adeguato numero di Grifoni ed ubicate in posizioni tranquille e sicure sia sul Velino che sul Monte Genzana.


Le operazioni possono essere suddivise in tre fasi:

1 - Prelievo di esemplari da località varie (gentilmente donati dal governo spagnolo al Ministero italiano delle Politiche Agricole e Forestali per conto dell’omonimo Ministero spagnolo dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione -ICONA e tramite le Comunità Autonome di Madrid, Castilla La Mancha, Exstremadura, Catalogna, Navarra e Aragona).

2 - Stazionamento degli esemplari all'interno delle voliere per un certo periodo di tempo con funzione di acclimatazione (da pochi mesi a 2-3 anni a seconda dell'età degli individui; infatti è preferibile liberare soggetti adulti o in ogni caso subadulti in quanto si legano più facilmente al territorio).

3 - Progressiva liberazione dei soggetti.

L'avvio del progetto, come accennato, ha avuto corso a partire dal 26 ottobre 1993 con l'arrivo dalla Spagna di 26 esemplari, mentre la prima liberazione è avvenuta nel luglio del '94 (5 individui) seguita da liberazioni più consistenti negli anni successivi. Allo stato attuale si contano quasi una novantina di esemplari liberi.

In questa prima fase gli esemplari si sono stabilmente insediati nella Riserva del Velino e in località limitrofe assicurando un iniziale successo coronato dalla riproduzione in loco di molti soggetti. Per seguirli con maggiore efficacia nella fase iniziale 9 esemplari furono muniti di una radio trasmittente, mentre tutti i soggetti liberati sono stati dotati di specifici anelli di riconoscimento. Una decolorazione visiva delle penne fu utile per il riconoscimento dei singoli soggetti durante il primo periodo di liberazione (ogni esemplare aveva infatti una combinazione di penne decolorate diversa dalle altre).


I successi della reintroduzione


Il coronamento delle varie fasi reintroduttive si sono concretizzate, come accennato, con la formazione di oltre venti coppie, sparse in varie località del Velino/zone limitrofe, che si sono regolarmente riprodotte portando all’involo nel corso degli anni di oltre una trentina di giovani grifoni. Questo evento, estremamente importante, ha confermato l’idoneità dei territori utilizzati per insediamento di questo tipo di avvoltoio.

Nel corso della conoscenza del territorio i Grifoni ormai stabilmente insediati nel massiccio del Velino, hanno progressivamente stabilito tre zone ben distinte come luoghi per il riposo e l’allevamento. Due di esse si sono attivate sempre nel massiccio del Velino su pareti inaccessibili e difficilmente disturbabili, mentre un terzo gruppo, pur se minoritario nel numero, ha preselto il proprio roost, in una terza zona nettamente al di fuori del Velino dove anche qui usano dimorare e finanche riprodursi. Meno appartata rispetto alle località della Riserva del Velino, presenta tuttavia peculiari requisiti ambientali per le esigenze dell’avvoltoio (elementi termici + habitat rocciosi di ottima prestanza) tanto che da diversi anni si sono insediati sempre con maggiore crescenza. Poiché la località è distante oltre una decina di chilometri dalle altre due zone (circa 12,5 km), gli avvoltoi spesso non ne nascondono il loro favore tanto che, come detto, oltre che al riposo notturno (in media una ventina di esemplari) vi si riproducono ormai a partire dal 2000 avendo prescelto tratti di parete rocciosa pienamente confacente alle tipologie richieste dalla specie (l’area purtroppo non è protetta da alcuna riserva). Le abbondanti deiezioni sulle rocce ne svelano palesemenete i luoghi maggiormente utilizzati.

Questa spontanea attivazione di tre zone attive rappresenta un ulteriore successo dell’operazione reintroduttiva poiché garantisce anche un graduale allargamento dello spazio vitale e, come detto, sancisce il libero dispiegarsi nell’Appennino centrale, ulteriore coronamento dell’espansione della specie in queste delicate contrade dopo le prime fasi reintroduttive. Occorre però dire che anche questo terzo gruppo continua, per l’alimentazione, a recarsi costantemente presso i carnai attivi delle pendici sud del Monte Velino, mentre gli esemplari non ancora interessati alla riproduzione si stanziano minormente nella terza località citata durante il periodo estivo.

La liberazione guidata di altri soggetti nella zona del Monte Genzana, ha accelerato di non poco questa lenta, ma fondamentale espansione (tuttavia la maggior parte degli esemplari del Genzana si sono stabiliti sul Velino). Né è da sottovalutare che nel corso degli anni almeno 5/7 individui di ignota provenienza si sono uniti al compatto gruppo del Velino o, addirittura, anche un avvoltoio liberato in una analoga operazione, già citata, effettuata nel Friuli e un altro proveniente da liberazioni attuate in Croazia.


In conclusione si può quindi affermare che se non intervengono improvvise avversità da parte dell’operato negativo dell’uomo, la reintroduzione di questo importante avvoltoio, che completa la complessa catena alimentare, può sempre più affrermarsi e ripristinare il bellissimo dispiegarsi della natura libera in un Appennino per anni fin troppo compromesso.




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Bibliografia consultata



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Baumgartner H., 1988. Di aquile e avvoltoi: una riconquista. Panda I-88, WWF Svizzera


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SOMMARIO


Prefazione


Parte prima


1 - Classificazione, distribuzione, status


2 - Il Grifone e la sua vita


Parte seconda


Il progetto Grifone nell’Appennino centrale: il Monte Velino e il Monte Genzana



BIBLIOGRAFIA CONSULTATA